No credo sia il caso di risalire ai perché e percome.
La sinistra ha perso queste elezioni , anche solo per meno di un milione di voti, ma è stata sconfitta. Ma questa è ancora una democrazia rappresentativa, spero, e una sconfitta elettorale non è una sconfitta di guerra. L’avversario elettorale rappresenta una grossa fetta della società , in disaccordo con il vincitore, ed ha diritto di voce, di essere ascoltato e non solo il dovere di prostrarsi davanti al sovrano che detiene per voto la delega della maggioranza.
È naturale che il governo cerchi di avere le mani libere per proseguire i suoi programmi, come è naturale che l’opposizione voglia far valere le proprie opinioni, gli interessi della sua parte; meno naturale è che il potere governativo trovi sempre un pretesto nella cattiveria ,nelle congiure e nella “bassezza” dei propri avversari ormai sconfitti per giustificare la propria impotenza. Perché di questo si tratta.
L’attuale governo ha prodotto un tale numero di gaffe (chiamo così ogni caduta di stile, ogni provvedimento ruvidamente imposto, ogni iniziativa quantomeno leggera, ogni occupazione a suon di fanfara), che non cito solo per carità patria, da introdurre la gaffe come misura normale di governo.
Sono dunque veramente gaffe quelle prodotte in una situazione di perdurante ambiguità? Personalmente, ora, sono portato a non ritenerle più tali, ma a leggerle come uno stile.
Aino-kaarina dimentica per un momento la tua dolorosa storia personale, forse non hai idea di quante storie dolorose abbiano radici nella guerra e nel fascismo anche in Italia, di quante terribili microstorie di sofferenza possiamo raccontare. Lasciamo da parte questo,dimentica solo per un attimo (so che non puoi farlo per intero, perché ogni nostra storia personale è la “vera storia”), dimentica anche le socialdemocrazie scandinave, perché qui ne siamo lontani, giusto un momento dimentica per accogliere solo per un attimo un ragionamento su quello che accade in Italia. Fallo solo per ascoltare ragioni anche se non è nel mio intento convincerti, sebbene sarei lieto di riuscirci.
Quello che accade è seriamente preoccupante.
Non è preoccupante la lottizzazione della Rai (ti assicuro abbiamo assistito ben di peggio), non è preoccupante (limitatamente si intende) l’occupazione dello Stato, non è preoccupante la fine della concertazione (mai esistita nelle piccole aziende sotto i 15 dipendenti), non è preoccupante che ad interim si assista a concentrazioni personali di potere, non è preoccupante che dall’estero costantemente si spari sull’opposizione divisa e frastornata interna, non è preoccupante che si tenti una riforma della giustizia, non è preoccupante che un premier comiziante si rivolga alla nazione solo con conferenze stampa senza mai offrire un solo contraddittorio diretto (al massimo un conduttore fidato) , non è preoccupante che il potere citi con nome e cognome i propri nemici e ne auspichi la rimozione.
Tutto questo non è preoccupante.
È invece assai preoccupante che tutto questo avvenga in regime di monopolio.
Per monopolio naturalmente intendo quello televisivo e pubblicitario che si fonde su un misto di possibilità di direzione delle coscienze e di ingenti flussi di denaro. Quello che Popper (e Pera che lo intervistò, denunciava come preoccupante nel mondo contemporaneo). L’On. Berlusconi oltre che per insipienza altrui ha vinto le elezioni minimizzando il ruolo della televisione nella contesa elettorale e ora si rammarica di aver perso il 17 % (addirittura !) di consensi a causa di qualche ora di trasmissione sulla RAI. Che dire di questa disinvolta argomentazione, proprio nel momento in cui controlla pressochè la totalità delle emittenti ? Anche i suoi più convinti sostenitori ormai si interrogano sulla sua inspiegabile (perché inutile, mica per altro) sparata bulgara.
La storia si ripete, anche se questo girotondo non è mai uguale. Che io ricordi l’unica situazione simile alla nostra accadde durante il maccartismo. La Democrazia in America non morì, ma la sofferenza fu immensa e certo fu uno dei periodi più tetri e bui. Aveva anche una ragione che oggi non c’è , una frontiera che oggi, da anni, è scomparsa. E nemmeno c’era una situazione di monopolio, sebbene l’autocensura nel mondo della informazione e dello spettacolo per il timore di persecuzioni fosse assai grande. Manifestare solidarietà ai tre reprobi per me non ha a che fare con la loro assoluzione per le mancanze particolari, ma con un principio che mi pare ormai assai compromesso se accettato supinamente: i monopolii sono una iattura. Lo sono in generale, lo erano nei media (già c’era il manuale cencelli comunque) quando canale 5 iniziò le trasmissioni, lottando contro il monopolio Rai lo sono ancor più oggi.
So bene che la Rai non sarà impermeabile ad altre opinioni, che questa sparata è una specie di vaccino come lo sono le Jene o Striscia o il Maurizio Costanzo o anche il TG 5 se vuoi, una sparata per deviare piste forse, ma questo non cancella il fatto che siamo in regime di Monopolio imperfetto della informazione e della pubblicità. Un monopolio che si alimenta inoltre, da poco mi pare evidente, già con bassa arroganza e protervia.
Il governo non è un consiglio di amministrazione, la magistratura non è l’ ufficio legale, lo stato non è una line di comando, un paese non è una convention permanente per le ovazioni, la stampa non è un megafono, il consenso non è share. Per alcuni aspetti si possono tracciare similitudini, ma appiattire queste similitudini superficiali ad una pratica corrente è seriamente allarmante, perché là dove tutto si è appiattito o piegato fortemente all’esecutivo ha prodotto sempre situazioni orrende.
Ricordo un bel libro di un finlandese “L’anno della lepre” dove il protagonista stanco della burocrazia ricercava la pace e il senso della vita fuggendo per la Scandinavia, in difesa della libertà ritrovata, di stesso e di una lepre ferita, con grande ironia . Credo che nel caso della informazione ci troviamo in Italia in un simile dilemma: fuggire in cerca di pace o contrastare un grave rischio “burocratico” che ci sovrasta pesantemente (in prospettiva).
Ho letto che ricordi un vecchio film: ho visto quel film che citi (ma non ricordo nemmeno io il titolo, ricordo un piacevole tiritera autoreferenziale tra i due protagonisti: “conosco un tizio”- “Quale tizio ?”, etc ), e suppongo ti piaccia il cinema. Mi è quasi d’obbligo quindi ricordare “IV potere” di Orson Wells, giusto per indicare come già solo una posizione predominante (non monopolista, ma solo molto influente) costruita con intenti “altruisti” sia rischiosa, figuriamoci un monopolio.
Non è questione di sinistra abbarbicata al potere (sia essa intesa come comunista di tempi remoti o di sinistra democristiana avvitata a sgabelli) , ma questione molto meno storica e riguardante il futuro prossimo: diritto di dissenso, diritto alla voce che esprime le sue argomentazioni.
Non intendo polemizzare Aino-Kaarin, né rimpiangere il passato contro un presente che non mi soddisfa, questo spero ti sia chiaro. Ma credimi, in molti siamo ora preoccupati e non per questioni ideologiche. È vero, io sono di parte e confido che molti lo siano perché la varietà e ricchezza per ogni comprensione.
Ciò che preoccupa è che questo requisito della convivenza e del progresso venga meno o si attenui fortemente e che si operi negando la varietà supponendo che l’ uniformità sia una panacea efficiente, che aggira tutti i mali. Ogni laico e liberale sa bene fin dalla sua infanzia politica che una simile idea è la negazione di ogni sua convinzione liberale.
Quest’ultima idea, che un atteso consenso generalizzato sia necessario per governare, sì mi pare assai faziosa, ancorchè diffusa o imposta con sorrisi seduttivi e patinati.
Non mi è mai piaciuto il sorriso del lupo, ma condivido e comprendo il batticuore impazzito e l’ansia della lepre quando lo vede affiorare. Se poi digrigna i denti sarebbe assai sciocco pensare che si appresti a baciare tutti i ratti nel suo territorio di caccia.
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